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Rainforest Challenge, la sfida delle sfide

Madre natura è l’incontrastata regina che dispensa, a suo piacimento, gioie e dolori. In sintesi questa frase rappresenta l’essenza del Rainnforest Challenge. La caratteristica principale della leggendaria competizione malese è proprio questa: confrontarsi con i propri limiti in un ambiente avverso dove la collaborazione tra i team diventa l’arma vincente per superare tutte le difficoltà che di volta in volta la giungla proporrà. Quest'anno le selezioni South Europe, organizzate da FLS Offroad, si svolgeranno in Friuli dal 3 al 6 settembre.

Foto e testo di Paolo Baraldi

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Il Rainforest Challenge, fondato nel 1997 da Luis J. A. Wee, rappresenta ormai l’unica competizione internazionale in grado di offrire ai propri partecipanti  un avventura nella giungla con la A maiuscola.  Non si tratta solo di una sfida con gli avversari ma è la sfida delle sfide, il confronto giornaliero con le difficoltà e le insidie della foresta proprio nel periodo peggiore per affrontare un’esperienza del genere, quello della stagione dei monsoni.

Il Rainforest Challenge è prima di tutto una sfida con se stessi

Si devono superare i propri limiti e le proprie paure per portare a termine questa esperienza che cambierà per sempre la vita di chi può dire “io c’ero“. Tutti questi elementi sono il DNA del Rainforest Challenge che fin dal suo esordio nel lontano novembre del 1997, lo hanno contraddistinto e reso unico in tutto il mondo.

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1997, nasce il Rainforest Challenge

La prima edizione, vinta dall’equipaggio malese composto da Hiew Vui Leong e da Liew Siak Kiong, con partecipanti provenienti da sette diverse nazioni, ha attraversato il nord est della Malesia su piste fangose e scivolose che hanno messo a dura prova tutti i Team presenti. Il successo è stato talmente grande che nel 1998 le nazioni presenti erano ben 14, tra cui i primi equipaggi italiani che si sono subito innamorati di questa gara; ricordo il nostro team femminile composto da Consuelo Mesaglio e da Alessandra Caratozzolo che hanno preso parte a questa avventura a bordo di un Toyota Hi-Lux. Questa edizione è rimasta nella storia per la cerimonia di apertura che si è svolta sotto le imponenti torri gemelle di Petronas appena inaugurate e per la forte pioggia che ha caratterizzato gli ultimi giorni di gara.

1999, il Rainforest Challenge è leggenda

La sfida del 1999 fu contraddistinta da un’incessante pioggia monsonica che ha trasformato la foresta in un inferno di fango impraticabile dove non furono risparmiate nemmeno le vie di fuga. Luis cita questa edizione come la massima espressione di avventura che ha contribuito a far nascere la leggenda Rainforest Challenge; mentre noi italiani ricordiamo volentieri quest’anno grazie al nostro equipaggio, composto da Alessandro Tognolli e Patrick Silvestri, che ha ottenuto il miglior piazzamento di tutti i tempi, per un team italiano, con uno straordinario quinto posto nella classifica generale.

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Uno dei riconoscimenti più importanti per Luis J. A. Wee, è avvenuto nel 2006 quando il primo ministro malese è volato in elicottero al bivacco allestito presso il lago Pedu per incontrare i concorrenti del Rainforest Challenge.

2007, fuga dalla giungla

L’anno 2007 è stata l’edizione del decennale che doveva celebrare degnamente questa competizione e che invece si è trasformata in una lotta per la soppravivenza. La natura è stata tremenda con piogge torrenziali che hanno causato gravi inondazioni che hanno messo alla prova tutti: partecipanti, organizzatori, concorrenti e media. Il 2007 è entrato di diritto negli annali del fuoristrada estremo come l’edizione della “ battaglia contro il monsone“; una degna celebrazione di dieci anni di avventura offroad in Malesia.

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Intervista con Luis J. A. Wee fondatore del Rainforest Challenge

Attraverso le parole di Luis J. A. Wee, cerco di entrare nel profondo del Rainforest Challenge e scoprirne la sua anima.

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Luis J. A. Wee

Cosa ti ha spinto a creare il Rainforest Challenge?

Ho iniziato a praticare l’offroad nel 1991 e sin da quel momento sono sempre stato affascinato dal Camel Trophy e dalle gesta dei suoi partecipanti; il mio sogno nel cassetto era proprio quello di realizzare una competizione internazionale dove l’avventura nella giungla fosse l’elemento fondamentale della gara; purtroppo ciò non era possibile perché il mio lavoro mi occupava a tempo pieno e non potevo dedicarmi, come avrei voluto, a questa mia passione. Nel 1997, quando ormai il Camel Trophy si era trasformato in un evento multi-sport, ho fortunatamente avuto la possibilità di lasciare il mio impiego e di dedicarmi a tempo pieno al mio progetto; è nata così, il 23 novembre 1997, la prima edizione del Rainforest Challenge.

 

Cosa ricordi dei primi anni di questa tua esperienza?

Ovviamente quando una manifestazione nasce da zero, non è facile riuscire a gestire ed organizzare tutto nel migliore dei modi, io ed il mio staff ci siamo impegnati al massimo ed abbiamo superato molti problemi, compresi quelli finanziari dovuti alla crisi delle economie asiatiche, e devo dire che le soddisfazioni sono state molte di più che i dolori. Già nei primi anni, iniziarono ad arrivare molti equipaggi  stranieri compresi gli europei e la fama del Rainforest Challenge è sempre cresciuta e migliorata.  L’Italia è uno tra i paesi con un maggior numero di partecipanti, ho un buon ricordo degli italiani, della loro passione e della loro bravura e sono sempre molto contento quando si iscrive al Rainforest Challenge un equipaggio azzurro. Un pensiero particolare lo voglio dedicare a Mauro Caporali che ha dato molto al mondo del fuoristrada ed anche al Rainforest Challenge.

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Dopo venticinque edizioni, puoi fare un bilancio del Rainforest Challenge?

In questi anni, di edizione in edizione, ci siamo sempre migliorati e questo lo devo soprattutto al mio staff che mi appoggia in ogni momento. Sono cambiate tante cose dai primi anni di gara, i 4x4 sono sempre più preparati, ma quello che mi rende felice è vedere la passione e l’amore per il fuoristrada e per l’avventura dei team che ogni anno vengono in Malesia; questo è lo spirito del Rainforest Challenge! Questo sport è in crescita anche in Asia, sono molti gli appassionati provenienti da nuovi paesi che si affacciano per la prima volata verso questa disciplina, come la Cina ed il Vietnam, e credo che questo sia molto importante per il fuoristrada e per la sua crescita. Per me, dal 1997 ad oggi, il Rainforest Challenge è stato un entusiasmante viaggio, è stato la mia passione che ha incontrato la passione di molti amici che ho avuto la fortuna di conoscere in questi anni.

 

Quale è lo spirito giusto per affrontare il Rainforset Challenge?

Il Rainforest Challenge è il Rainforest Challenge; se avete deciso di parteciparvi, complimenti siete delle persone straordinarie che vivranno in un evento straordinario che si disputa nella peggiore delle stagioni; quella dei monsoni!  Il RFC è più di una competizione 4x4, è una sfida con la natura e con le proprie paure, dove solo lo spirito di gruppo ed il cuore sono gli elementi fondamentali che vi aiuteranno ad arrivare alla fine della gara; è importante avere una mentalità da giungla, sapersi adattare ad ogni situazione, collaborare con gli altri team e con l’organizzazione per portare avanti la gara ed arrivare all’agognato traguardo. Il fuoristrada che si pratica in Malesia è molto diverso da quello europeo, risulta quindi fondamentale sapersi adattare ed avere un’apertura mentale tale da farvi assorbire questa diversità e rendere così la vostra esperienza al Rainforest Challenge unica ed indimenticabile.

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Infine, cosa ti senti di consigliare a chi vuole partecipare, magari per la prima volta, al Rainforest Challenge?

Nessuno nel corso della propria vita può affermare di avere imparato tutto e lo stesso si può dire per il Rainforest Challenge; ogni edizione è diversa dalla precedente, ogni anno gli ostacoli e le insidie della giungla sono sempre differenti e per questo non è facile consigliare chi vuole provare per la prima volta questa esperienza. Per la preparazione del 4x4 vi possono venire in aiuto i lavori eseguiti dai team più veterani ma non sempre le loro scelte si possono applicare al vostro fuoristrada ed al vostro modo di guidare; comunque l’elemento fondamentale da tenere presente nella preparazione, è l’affidabilità! Ecco cosa mi sento di dire: osservate gli altri competitor, fate tesoro dei loro segreti e poi adattateli alle vostre esigenze ed al vostro veicolo; non sempre una cosa utile ad un equipaggio è indispensabile per voi. Comunque l’elemento fondamentale, non mi stancherò mai di dirlo, è lo spirito di gruppo ed il sapersi adattare a nuove esperienze, già con queste informazioni nel vostro bagaglio siete sulla buona strada. E poi seguite il mio motto: la vita è un’avventura, vivila fino in fondo e non aspettare domani se puoi farlo oggi!

Alcuni protagonisti italiani al Rainforest Challenge

Attraverso le parole di alcuni italiani che hanno partecipato alle varie edizioni del Rainforest Challenge, cercheremo di scoprire quali emozioni e ricordi questa leggendaria competizione ha lasciato nel loro cuore ed inoltre raccoglieremo i loro utili consigli per i futuri competitor.

 

- Ales Plesnicar: edizione 1999 pilota su Toyota BJ 71

Dopo aver vinto le selezioni italiane organizzate da Damiano D’Ambrosio, insieme a Thomas Tonicello abbiamo partecipato all’avventura malese a bordo di un Toyota BJ 71; forse abbiamo preso un po’ alla leggera questa esperienza , la giungla non perdona, e pur avendo saltato le ultime tre prove speciali ci siamo classificati diciassettesimi. Sono ormai passati tanti anni ma la voglia di ritornare è sempre enorme; per chi ama il fango ed i guadi è la gara per eccellenza, è un po’ come il mal d’Africa: una volta che ci vai ti rimane sempre il desiderio di ritornarci.

 

- Alessandro Tognolli: edizione 1999 pilota su Toyota BJ 40

La nostra avventura al Rainforest Challenge (ero navigato da Patrick Silvestri) inizia con le fasi di preparazione del mezzo; studiato per cercare di ottenere la massima affidabilità e la giusta comodità per dormire e mangiare (avevamo con noi pasta, caffè e vino ed il posteriore del BJ era dotato di una struttura in tela apribile per mangiare e dormire all’asciutto). Successivamente le pratiche per l’imbarco, all’interno di un container, del 4x4 ci hanno fatto sudare le fatidiche sette camice, essendo noi i primi italiani a portare una macchina in un paese cosi lontano e sconosciuto e non sapendo nemmeno bene la lingua. A Kuala Lumpur, ancora prima del via, dobbiamo sostituire il motorino d’avviamento, rottosi nel trasferimento dal porto, ed ovviamente non avevamo il pezzo di ricambio. Per fortuna riusciamo a ripararlo in un’officina locale; mi ricordo che pioveva a dirotto e sotto ad una tettoia ( 15 x 6 mt ) aperta su tutti i lati, con una marea di olio per terra, un ammasso di attrezzi sulla destra, ed un groviglio di ricambi usati sulla sinistra, c’erano tre persone del luogo, ovviamente senza scarpe, che ci accolgono a braccia aperte e ci risolvono il problema. Quell’anno le macchine partecipanti erano una sessantina ed al prologo, con nostro stupore, risultavamo i primi assoluti; ma la vera gara doveva ancora iniziare, la giungle era distante un centinaio di chilometri. Nella foresta abbiamo dato il massimo sia nella guida che nella navigazione e soprattutto psicologicamente eravamo sempre presenti; il mangiar bene ed il dormire bene è stata l’arma vincente. Dopo circa 4/5 giorni di fango, acqua e moscerini, uscimmo dalla foresta al secondo posto dietro agli Australiani, già super esperti di gare, e con un Nissan Patrol 4.2 turbo con doppio verricello, doppio alternatore e con mega pneumatici Simex (noi avevamo delle Buckscot ridicole al confronto). Dopo circa 300 km giungiamo in riva al mare presso un hotel (sponsor della manifestazione) dove il giorno successivo ci aspettavano due prove “ stupidissime “ per finire la gara al secondo posto. La mattina seguente vado a prendere il mezzo al parco chiuso, e nel partire sento subito che c’era qualcosa di rotto, era saltato il cuscinetto del pignone posteriore e non mi restava altro che togliere l’albero ed i semiassi (il ponte era un full flotting) e con il blocco anteriore attaccato provare a fare qualcosa; quel qualcosa si è tramutato in un metro sulla sabbia con successivo insabbiamento. Non disputammo le ultime due prove ed il nostro secondo posto si trasformò in un quinto. Per noi è stata comunque una felicità immensa; ad oggi nessun italiano è ancora riuscito a migliorare il nostro risultato. Ad ogni modo sono passati più di 10 anni ed i ricordi di quei giorni mi restano sempre nel cuore, ci sarebbero tanti episodi da raccontare ma le cose vanno provate per rendersi conto. Noi avevamo fatto una macchina, quella con cui andavo a lavorare, con la disponibilità di allora, i ponti con i blocchi c’è li aveva prestati Marino Toss, gli ammortizzatori Matteo Rivolti ed i pezzi di ricambio erano solo un semiasse con il giunto!

 

- Patrick Silvestri: edizione 1999 e 2007

Il Rainforest è nato dalla passione per il fuoristrada e dalla ricerca di avventura da condividere con altre persone provenienti da ogni angolo del globo. I veicoli che prendevano il via alle prime edizioni erano dei fuoristrada tutto sommato originali anche se opportunamente preparati e modificati per la giungla. L’assenza poi di ogni tipo di assistenza durante la gara rendeva i concorrenti più solidali tra loro nell’affrontare le impegnative situazioni in cui tutta la carovana si trovava impegnata durante i trasferimenti nella giungla malese, ampie voragini o piste erose dalle violente piogge monsoniche erano all’ordine del giorno. In questi momenti lo spirito di squadra e la coesione tra i partecipanti si fanno indispensabili. In queste condizioni portare se stessi ed il fuoristrada alla fine della gara era già una vittoria! Ad ogni nuova edizione, le vetture sono diventate sempre più “ estreme “ con prestazioni sbalorditive; hanno fatto capolino le prime assistenze e la competizione si è fatta davvero agguerrita! Ma al Rainforest Challenge, per fortuna, comanda ancora madre natura e quando si fa sentire, solo una cosa può essere d’aiuto: lo spirito di gruppo. Per questo il Rainforest è sinonimo di avventura ed è anzitutto confronto con noi stessi al di fuori delle certezze e comodità che ci circondano ogni giorno. La sfida si ripete anche quest’anno nella stagione dei monsoni e chi decidesse di prendervi parte dovrà essere molto motivato e pronto ad affrontare ogni tipo di avversità, partendo da casa consapevole del fatto che andrà a misurarsi, nel cuore della giungla pluviale malese, con i migliori equipaggi provenienti da tutto il mondo…..in bocca al lupo!

 

- Paolo Paoletti: edizione 2007 come navigatore di Patrick Silvestri

Che posso dire io del 2007... un sogno che si è realizzato nell'anno, ancora oggi indelebile, di quando la natura decide di ribellarsi. Esperienza unica...da rifare sicuramente anche perché quell'anno non abbiamo finito il giro. Fare da co-pilota a Patrick è stato fantastico, non è solo un discorso di abilità, ma di continuo adattamento, senza poter mai abbassare la guardia...nemmeno di notte!

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- Lorenzo Savini: edizione 2003 su Defender ed edizione 2004 come navigatore di Mauro Caporali

A parlare della Malesia potrei stare delle intere giornate, provo comunque a sintetizzare le mie emozioni. Il Rainforest Challenge è una gara solo per veri appassionati e per uomini e mezzi duri, non tanto per le prove che tutto sommato non sono più impegnative di quelle italiane, ma per la sopravvivenza. Dieci giorni nella giungla, mangiando poco e male, dormendo quando non sei in prova o a riparare la macchina per partire il giorno dopo, lavandoti nel primo fiume che trovi, il tutto sotto a scrosci di pioggia improvvisi che non ti permettono di restare asciutto. D’altro canto sono indimenticabili le notti passate al campo con persone di ogni parte del mondo che si conoscono appena, con le quali non riesci a scambiare nemmeno una parola, ma con una passione in comune che ti permette di stare insieme. Tutto questo mi fa ricordare il mio amico Mauro, lui amava più di me il fuoristrada ed era infatuato del Rainforest Challenge, tanto che avremmo dovuto tornarci insieme per l’ennesima volta. Comunque anche in Malesia ha lasciato il segno per il suo carattere socievole e per le sue doti di pilota e navigatore ( tutti ancora oggi si ricordano di lui ). Dalla mia esperienza mi sento di dare i seguenti consigli a chi vuole avventurarsi in Malesia: l’equipaggio deve essere molto affiatato, la stanchezza, la fame ed i continui disagi  portano molto spesso ai litigi. Scegliere una compagnia di trasporto che si occupa di tutto, anche dello sdoganamento della macchina. Eseguire una meticolosa preparazione della macchina, revisionare ogni parte, e renderla il più leggera possibile. Caricare i viveri italiani ( tonno e carne in scatola, pasta ecc ) in macchina prima dell’imbarco. Non partire assolutamente con l’idea di vincere la gara, i malesi bastonano! Ed infine, se economicamente è possibile, portarsi un fuoristrada d’assistenza per tenere completamente scarico quella che gareggia.

 

- Sandro Signorini: edizione 2002 pilota su Wrangler YJ, edizione 2003 navigatore di Mauro Caporali, edizione 2004 pilota su Discovery ed edizione 2007 pilota su Discovery

Grazie a Mauro Caporali, che ho conosciuto alla fine degli anni ’90, è iniziata la mia avventura nel mondo del fuoristrada; con lui ho passato molte ore a preparare 4x4 ed a gareggiare in varie competizioni. Nel 2000, su una rivista di settore, ho visto un articolo sul Rainforest Challenge e con Mauro abbiamo iniziato a sognare sulla bellezza di questa gara e sulle difficoltà che uomini e mezzi avrebbero dovuto affrontare. Nella primavera del 2001 iniziamo i preparativi per partecipare a questa competizione e puntuali nel mese di dicembre 2002 siamo in Malesia per la nostra Avventura. La partenza della gara è una vera e propria parata; dopo il prologo che determina l’ordine di partenza, inizia la sfida con la giungla; le difficoltà che si incontrano sono innumerevoli: temperature intorno ai 38 gradi, umidità prossima al 90% e le frequenti piogge tropicali. In queste condizioni tutto diventa difficile ed occorre gestire al meglio la macchina, le attrezzature, le provviste e la propria salute. Quando si è completamente immersi nella foresta ci si sente piccoli di fronte alla natura e si comprende cosa vuol dire essere in grado di gestirsi in queste condizioni. Ho un ricordo particolare dei campi dove il clima era sempre allegro e dove ci si aiutava a vicenda per sistemare il proprio 4x4; noi italiani eravamo sempre ricercati per il nostro caffè! Io e Mauro formavamo un team molto affiatato, non è facile trovare persone adatte a questo tipo di esperienze; 24 ore su 24 di convivenza mettono in difficoltà chiunque, noi invece riuscivamo sempre a compensare le necessità dell’altro, non serviva parlare ci si capiva al volo! Questa del Rainforest Challenge è un’esperienza fantastica che consiglio ad ogni fuoristradista; è un’esperienza unica in un luogo unico dove ogni persona si può mettere alla prova e capire i suoi limiti. In Malesia si comprende che è la natura ad aver sempre ragione e si deve imparare a prenderla con delicatezza e rispetto! Io e Mauro siamo tornati in Malesia varie volte, portando con noi molti equipaggi italiani, tra cui Lorenzo Savini con il suo Defender; tutti insieme abbiamo condiviso le fatiche e le gioie di questa avventura che ci ha unito in un legame indissolubile. Purtroppo Mauro ci ha lasciati, a causa di una malattia, creando un vuoto impossibile da colmare; i bellissimi ricordi che Mauro ha lasciato nel nostro cuore, ci accompagneranno per sempre!

 

- Andrea Corsetti: edizione 2010, pilota su proto Rocsta noleggiato. Navigatore Alessandro Serpieri

Dopo vari anni di competizioni e raid, abbiamo deciso di cimentarsi con questa avventura che mette alla prova non solo i mezzi ma anche gli uomini. Siamo molto soddisfatti e contenti della nostra esperienza in Malesia, per noi, dopo i disguidi che non hanno fatto arrivare in tempo il nostro Defender a Kuala Lumpur, è già stata una vittoria poter partire per la gara ed invece eccoci qui alla fine e con dei fantastici ricordi. Consideriamo questa nostra prima esperienza un ottimo apprendistato e sicuramente torneremo a competere al Rainforest Challenge con una consapevolezza maggiore di cosa ci aspetta. Questa non è solo una competizione, ma è un modo per confrontarsi quotidianamente con se stessi e con la natura………. Un’esperienza che sicuramente consiglierei a tutti; poi i campi nella giungla con quella miscellanea di lingue e culture sono una cosa indimenticabile che ci porteremo sempre nel cuore insieme a tutti i nuovi amici di questa grande famiglia.

Italia e America al Rainforest Challenge 2015

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Dopo molti anni di assenza, l’Italia è tornata ad essere rappresentata al Rainforest Challenge grazie a Thomas Tonicello, già partecipante a questa gara in Malesia nel 1999, in equipaggio con lo statunitense JT Taylor a tutti noto per essere il direttore di gara di Ultra4 e della King of the Hammers. Thomas e JT hanno corso a bordo di un Toyota LJ70 motorizzato con un diesel da 3000 cc messo loro a disposizione dall’organizzazione. L’affiatamento tra i due è subito risultato perfetto e ne sono prova le buone prestazioni del prologo. Purtroppo il Toyota, non molto affidabile, li ha lasciati a piedi proprio nel bel mezzo della Twilight Zone costringendoli ad una camminata fuori programma nella giungla e di notte di ben 6 ore per raggiungere il campo Terminator. Prima che si rompesse il fuoristrada, Tonicello e Taylor hanno dato prova delle loro abilità superando con maestria gli impervi pendii malesi ed aiutando molti equipaggi dietro di loro; infatti erano tra i primi nella Twilight Zone.

 

Questa loro grande sportività a portato a loro l’ambito premio di Gentlemen Team. In classifica finale li troviamo alla 21° posizione con soli pochi giorni di gara. Thomas Tonicello e JT Taylor hanno reso orgogliosa l’Italia e gli Stati Uniti per la loro ottima condotta di gara che è stata un esempio per molti altri equipaggi. Se il loro Toyota non si fosse rotto così presto, sicuramente li avremmo trovati tra i primi di questa leggendaria competizione che è stata inserita tra le prime dieci gare più dure al mondo.

International Rainforest Challenge Secretariat

Tel : 603-2163 5908/6908 Fax : 603-2163 0908

Email: info@rainforest-challenge.com

Website : www.rainforest-challenge.com

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